Atelier dei Libri: Teaser Tuesdays #72

mercoledì 29 ottobre 2014

Teaser Tuesdays #72



Miei cari sognalettori, come vi sarete resi conto ho deciso di rispolverare diversi meme settimanali e quello del martedì non fa eccezione. Perciò, dopo una lunghissima pausa, torna l'appuntamento con Teaser Tuesdays rubrica ideata dal blog Should be Reading, che posto ogni martedì. 

Le regole sono semplicissime e tutti possono partecipare e condividere con i propri teaser! 

Ecco le regoline!

  • Prendi il libro che stai leggendo in una pagina a caso; 
  • Condividi un breve spezzone di quella pagina ("Teaser")
  • Attento a non fare spoiler!
  • Riporta anche il titolo e l'autore così che i tuoi lettori possano aggiungere il libro alla loro wishlist se sono rimasti colpiti dall'estratto.


Andiamo un po' a vedere cosa ho scovato io oggi!

Oggi un estratto da "Althea e Oliver" di Cristina Moracho, un romazo diverso da quelli che avevo letto fino a ora, ma molto molto bello secondo me. Certo, non è tra i più dinamici né tra i più dolci al mondo, ma è così unico!



Seduta sul divano con il blocco da disegno aperto in grembo, Althea spalanca gli occhi con la mano sospesa sopra il portamatite, raggelata alla vista di Oliver. «Non m’interessa se hai fame, non ti porto al Waffle House.» Indica la scodella di ceramica rossa piena di popcorn. «Mangia quelli, se hai fame.»«Ma chi ha parlato del Waffle House? È un posto disgustoso» risponde lui.«Oh, grazie al cielo sei tornato normale.» Allarga le braccia e lui si tuffa nel suo abbraccio, spargendo a terra matite e blocco da disegno. «Sei di nuovo il vero Oliver, grazie, dolcissimo Bambin Gesù, grazie, grazie. Come stai? Tutto ok? Ti sei appena svegliato?»Lui fa un profondo respiro, assaporando l’odore umido e ammuffito del loro quartier generale. Il seminterrato di Althea è dove i mobili vanno a morire, dove si può rovesciare il cibo e si può camminare sul tappeto senza troppi riguardi. I cuscini del divano sono duri e screpolati qua e là, il rivestimento di finta pelle nera si sfalda lasciando scoperto il ruvido tessuto grigio, ma questo non impedisce ad Althea di dormire qui sotto quasi tutte le notti. Ai lati del divano ci sono tavolini con cicatrici di guerra; di fronte, il televisore che impiega un minuto buono a scaldarsi con il tubo catodico che vibra rumoroso. Negli angoli ci sono scatoloni di cartone, sciupati a forza di cedere il loro contenuto stagionale anno dopo anno: addobbi natalizi, costumi da Halloween, attrezzi da campeggio. Persino il nastro adesivo che tiene insieme il sedile della poltrona si sta rompendo, sfilacciandosi ai lati in fili argentati che a volte Oliver si trova sui vestiti molto tempo dopo essere tornato a casa. Chiude gli occhi con forza e affonda la faccia nel collo di Althea, dove riesce a sentire meglio l’odore del suo shampoo al cocco e quello appena accennato di sapone. Lei gli accarezza i capelli mormorando incomprensibili parole di conforto.«Perché credevi che volessi andare al Waffle House?» domanda lui.«Scommetto che Nicky non ti ha raccontato della nostra gita?»«No, però ha messo un sistema d’allarme per impedirci di farne un’altra. Che cosa è successo?»«Mi hai svegliato nel cuore della notte dicendo di avere fame. Volevi andare al Waffle House. Ho cercato di scegliere il menù con meno porcherie. E poi è stato come… Ricordi quella ricerca sull’obesità che avevamo studiato per biologia? Quella con i topi grassi? Ecco, è stato così.»Nell’esperimento gli scienziati rimuovevano il gene che ordina agli animali di smettere di mangiare quando sono sazi. Il gruppo di controllo, con i cromosomi intatti, era rimasto in forma e vivace, mentre i topi modificati continuavano a ingrassare fino a somigliare a grumi pelosi di puré. Nelle immagini non gli si vedevano più nemmeno le zampette. C’era un primo piano del muso di un topo con gli occhi spiritati, insaziabili, come se supplicasse «Aiutatemi!» e «Datemi da mangiare!» allo stesso tempo.«Ero così?» chiede Oliver. «Un grasso roditore insaziabile?» «Se dovessi farti un elenco di tutto quello che hai mangiato quella sera, non smetteresti più di vomitare. Ma non era solo il cibo. Era tutto il tuo comportamento. Ecco...» risponde lei prendendo l’album da disegno. «L’ho disegnato per te.»Lui le strappa il blocco dalle mani, supera vecchi disegni che li ritraggono a bordo dell’auto di lei, sdraiati sulla spiaggia e mentre ballano sulla pista di Lucky’s: momenti a caso che lei ha fissato dall’anno precedente. Lei prosegue nel racconto mentre lui esamina le testimonianze visive degli eventi di quella notte. Eccolo, che si introduce nel seminterrato; eccoli, che camminano sul ciglio della superstrada sotto i lampioni; qui c’è un Althea mortificata, che lo osserva mentre lancia il flacone della melassa per la sala; lì c’è la sua faccia, irriconoscibile. Althea ha aggiunto il primo piano del topo grasso come confronto. 

   

Scusate se manca la pagina, ma ho la versione ebook!

ASPETTO I VOSTRI TEASER!

7 commenti:

  1. Me lo ricordo questo passo, dovrei proprio riprendere in mano il libro :) magari faccio in tempo a leggere la tua recensione u.u

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  2. DA: RESTA ANCHE DOMANI DI GAYLE FORMAN
    Quando adam se ne andò per il suo turno di consegna delle pizze, sentivo un nodo allo stomaco. salii in camera mia a esercitarmi sul pezzo di Dvorak che mi aveva assegnato la professoressa per cercare di capire cosa mi tormentava. perchè non mi piaceva andare ai concerti? forse il fatto che il gruppo di adam stava diventando sempre più popolare mi rendeva gelosa? ero infastidita dal numero crescente di groupi che gli ronzavano intorno? avrebbe potuto esere una spiegazione plausibile, oppure non era quella.

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  3. Da: ABITANTI COME NOI I -TROY&EMILY di SILVIA MACSELL
    Il suono del telefono interruppe quell'atmosfera rilassata che si era creata. Troy la guardò afferrare l'apparecchio giallo a parete, arrotolandosi il filo alle dita flessuose.
    Emily salutò la zia con affetto passando poi ad un tono leggermente più preoccupato. La informò che un compagno di scuola le aveva dato un passaggio e dopo un attimo posò una mano sul microfono guardando verso di lui.
    «Per caso potresti portarmi a Cornell Road?» gli domandò in un bisbiglio.
    Certo che poteva, lui abitava a Cornell Road, ma cosa ci doveva andare a fare lei? Annuì.
    «Sì, zia, mi accompagna lui. Ok, ci vediamo lì allora» si congedò infine riagganciando, «Mia zia deve fare alcune consegne e non riesce a venire a prendermi in tempo e io ho appuntamento con dottor Morrison alle tre e un quarto» gli spiegò poi.
    Morrison... a Troy parve un'enorme coincidenza che Emily dovesse farsi visitare proprio dal medico presso cui lavorava sua madre e la cosa non gli piacque particolarmente. Era un generico, di famiglia insomma, di quei dottori che prescrivevano aspirine e latte con il miele di corbezzolo e non certo uno specialista in malattie particolari.
    «Così ti presento a mia madre» le annunciò però.
    Emily lo guardò quasi affilando lo sguardo, quei suoi occhi azzurri sembravano volergli leggere eventuali secondi fini che Troy al momento cercava di combattere. Aveva avuto molte ragazze nel corso degli ultimi due anni, tutte completamente diverse da Emily. Nonostante apparisse come una sorta di folletto androgino, esercitava un certo fascino che aveva imparato ad utilizzare a proprio vantaggio, scegliendo comunque di non trascinare a lungo le sue storie. Aveva sempre preferito adeguarsi all'idea generale che al liceo ci si dovesse ancora divertire. E lui si era divertito, nutrito e aveva fatto le sue esperienze ma la cosa era finita lì, non aveva nemmeno mai lontanamente ipotizzato l'idea di trascorrere con una di loro troppo tempo.
    «Una cosa ufficiale, uhm?» gli diede la battuta lei.
    Lui rimase a bocca aperta, perplesso. Si era aspettato una richiesta di spiegazioni e lei invece scherzava, accettando il gioco.
    «Ufficialissima. Domani dopo la quinta ora ti porto a Reno e ci sposiamo» le annunciò lui di rimando, accettando il gioco.
    «No, cavolo» la sentì brontolare mentre scioglieva i capelli e ricomponeva una coda ramata più lineare, «Domani ho il rientro al pomeriggio. Possiamo sposarci giovedì? Sarei libera tra la seconda e la quarta ora.»
    Troy finse di pensarci su mentre riaccostava la sedia al tavolo.
    «Andata per giovedì, ma solo se mi suonerai qualcosa di bello» accettò.
    «Sei proprio buffo!» rise lei e senza pensarci gli posò una mano sull'avambraccio ma qualcosa la turbò tanto da fare uno scatto all'indietro con un grido.
    Lo sguardo di lui si fece serio, quasi atterrito da quella sua reazione.
    «Ti sei fatta male?» le domandò preoccupato. Fece un passo in avanti come se volesse assicurarsi della sua incolumità fisica, ma si rese conto che non sarebbe stata la scelta migliore in quel frangente.
    Emily sembrava confusa. Si teneva la mano nell'altra massaggiandosi i polpastrelli e il palmo.
    «È la terza volta che mi dai la scossa» si lamentò più dimessa. Ora sembrava una bambina spaventata che non sapeva bene cosa fare.
    «Mi... dispiace» si scusò lui ancor più mesto.
    Si odiava per esser stato colto di sorpresa. Ora più che mai sentiva dentro di sé l'esigenza di triplicare il proprio controllo quando era con lei, ma nonostante tutto si era lasciato andare come un pivello qualsiasi.

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  4. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  5. Da: L'AMORE E' UN DIFETTO MERAVIGLIOSO di GRAEME SIMSION pagina 55
    Si era radunata una piccola folla e mi venne in mente che sarebbe anche potuto sopraggiungere un ulteriore Forzuto, perciò dovevo escogitare un modo di liberarmi almeno una mano senza lasciare i due energumeni. Nel corso della manovra, uno dei due infilò un dito nell'occhio dell'altro, e il loro livello di aggressività crebbe notevolmente. L'uomo delle giacche aggiunse: "Ha aggredito Jason".
    Rosie rispose pronta: "Certo, come no. Povero Jason. E' sempre lui la vittima". Ora riuscivo a vederla. Indossava un vestito nero privo di decorazioni, scarpe nere con suole spesse e una notevole quantità di monili d'argento alle braccia. I suoi capelli rossi erano tutti appuntiti e ispidi al pari di una specie di cactus. Mi è capitato di sentire l'espressione «bellezza sconvolgente», ma quella fu la prima volta in cui rimasi effettivamente sconvolto dall'aspetto di una donna. Non era il suo costume o i gioielli o un'altra caratteristica singola a suscitarmi quell'impressione, ma l'insieme di esse. Non avrei saputo dire se l'aspetto di Rosie fosse ritenuto attraente secondo le convenzioni, né se il suo abbigliamento fosse accettabile nello stesso ristorante che aveva respinto la mia giacca, ma di una cosa ero certo: «sconvolgente» era il termine corretto.

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  6. DA "La Proposta", di C.L. Parker. pag. 327
    Potevo aspettarmelo, perché era proprio il tipo di cosa che Delaine avrebbe fatto, ma non mi aspettavo quel bacio. Le sue labbra cominciarono ad accarezzare le mie- delicate, tenere, in-cre-di-bi-li. Pensai che fosse il bacio più dolce che avessi mai ricevuto in assoluto.
    Infilai le dita nei suoi capelli, aumentando l'intensità di quel contatto e memorizzando il suo sapore, la consistenza della sua pelle, il suo profumo, perché non potevo sapere se avrei mai avuto occasione di trovarmi di nuovo di fronte a tutte quelle cose.
    Dio, se l'amavo.
    Avevo le sue mani ovunque, le sue dita mi premevano la pelle sul torace, sulla schiena, sulle braccia. Era come se stesse lasciando un segno indelebile ovunque mi toccasse. E contemporaneamente stava cercando di avvicinarsi. Se fosse stato possibile, mi sarei aperto il petto e l'avrei fatta strisciare dentro, sigillandola dentro il mio corpo per portarla sempre con me.

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  7. Da "Ma le stelle quante sono" di Giulia Carcasi pag.94
    Tu sai cosa significa quando il cuore di schizza fuori dal petto?
    Io si, l'ho scoperto poco dopo, quella mattina.
    E' come sentirsi morire, però poi rinasci e non nasci da solo stavolta, no, nasci insieme a lei.
    Te la ritrovi accanto.
    E forse lei non lo sa, ma siamo nati insieme.
    Siamo nati insieme, quella mattina.

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